martedì 18 febbraio 2014

La protesta in Birmania

Ormai sono molti i popoli nel mondo che vedono calpestati i loro diritti umani da governi che non vogliono, e la gran parte di questi è insorta chiedendo con forza che sia rispettata la dignità delle persone, la libertà di espressione, il diritto alla propria cultura, il diritto a vivere una vita senza dittatura, senza repressione, una vita tranquilla con un lavoro e una famiglia, con la sicurezza per il benessere proprio e del Paese...
E' sulle ultime storie dei popoli vs governi che ho deciso di postare in questi giorni. Non andrò a ritroso nel tempo perché lo scopo è quello di evidenziare quanto le proteste - nel "post-globalizzazione" - accomunano un popolo all'altro. Mentre invece la storia di ogni Paese è a se (...)

Attivista di Hrw: il regime militare birmano è "violento come sempre"

David Mathieson, di Human Rights Watch, accusa: l'esercito è impermeabile al cambiamento e perpetra abusi e violazioni. Fra i soldati regna una "cultura del sadismo" che ha un aspetto "ludico". Il governo promuove riforme, ma per i veri cambiamenti occorre la modifica della Costituzione.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - L'esercito birmano è impermeabile a cambiamenti o riforme democratiche e continua a perpetrare "gravi violazioni ai diritti umani" nonostante il tentativo del governo di modernizzare - anche in chiave politica - il Myanmar.
È quanto denuncia un attivista di lungo corso di Human Rights Watch (Hrw), che ha appena compiuto un soggiorno nel Paese del Sud-est asiatico e non ha registrato un'evoluzione "degna di nota". "A dispetto dei cambiamenti in corso - avverte - desta preoccupazione il fatto che l'esercito non mostra alcuna intenzione di cambiare".

Da mesi l'esecutivo guidato dal presidente Thein Sein, formato da civili ma sostenuto dal fronte militare, ha avviato una campagna riformatrice, che ha portato alla liberazione di - una parte dei - detenuti politici, il ritorno di Aung San Suu Kyi e della Lega nazionale per la democrazia (Nld) nell'alveo politico e dialoghi con le minoranze etniche in vista di un accordo di pace.
Tuttavia, i propositi di cambiamento sono osteggiati dalla potente ala militare che domina ancora in Myanmar pur muovendosi "dietro le quinte". David Mathieson, ricercatore di lungo corso dell'ente con base a New York, avverte che le riforme sinora promosse da Thein Sein posso essere "rovesciate" con estrema facilità, soprattutto se non vi saranno modifiche sostanziali al Codice e alla Costituzione, emendabili solo con l'approvazione dell'esercito. E il regime militare, aggiunte, rimane ancora oggi "violento come sempre".

L'attivista di Hrw sottolinea che il fronte militare resiste al cambiamento e "nessuno sa cosa succeda al suo interno". Resta però una diffusa "cultura del sadismo" anche a sfondo "ludico". Un elemento che emerge soprattutto nelle battaglie in corso contro le milizie ribelli Kachin, nell'omonimo Stato a nord del Myanmar, al confine con la Cina, dove i soldati sparano sui civili, devastano proprietà e costringono la gente ai lavori forzati o violentano donne più o meno giovani.

Infine, David Mathieson punta il dito contro quello che definisce il "paradosso della Birmania di oggi", in cui si può discutere di argomenti e tematiche tabù in passato, mentre "continuano le violazioni ai diritti umani". Il governo ha liberato "molti leader di primo piano" fra prigionieri politici e attivisti, conclude l'esperto di Hrw, ma "altre centinaia ancora oggi restano rinchiusi nelle carceri birmane" e il loro numero esatto resta un mistero.



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