sabato 22 febbraio 2014

La protesta in Italia (no-TAV)

NO-TAV: quattro ragazzi in isolamento

 e un'accusa grottesca di terrorismo

     Oggi, 22 febbraio 2014, è la giornata della mobilitazione nazionale a del movimento No Tav: il giorno giusto per provare a dare la mia prospettiva sulla cosa. Il 9 Dicembre 2013 decine di migliaia di Italiani scendevano in piazza per protestare “contro il sistema che stava strangolando famiglie ed imprese”: in quel giorno, con una inquietante coincidenza, la Digos arrestava quattro ragazzi (Chiara, Claudio, Mattia, Niccolò) cui veniva contestato il reato di "attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, detenzione di armi da guerra, danneggiamenti". I fatti, accaduti al cantiere dell’alta velocità di Chiomonte, in Valsusa, risalivano alla notte fra il 13 e il 14 maggio 2013.
     Per istinto e scelta razionale io rifuggo dalla violenza; in tutta la mia vita ho sempre sostenuto che il dialogo e l’amorevolezza siano cifre necessarie del rapporto fra gli uomini. Ma, con pari costanza, cerco di capire e di individuare dove risieda la verità o quello che più le assomiglia. E nella vicenda no-tav mi pare risulti con chiarezza come i fatti non corrispondano a quello che viene raccontato dai media. Non entrerò nel merito: ma invito i lettori a documentarsi e a farsi un’idea propria, con la mente sgombra e il cuore libero. Nel frattempo quattro giovani sono in prigione, in regime di isolamento, con una improbabile accusa di terrorismo.
    Leggete la lettera scritta, a più mani, dai loro familiari, e non lasciamoli da soli. Se verrà stabilito che hanno infranto la legge per danneggiamento o reati simili, è giusto che arrivi una sanzione. Ma l’accusa di terrorismo è tanto grottesca quanto vaga, in particolare per il modo in cui non (sic!) è stata formulata…. Ci auguriamo che il buon senso prevalga, e il senso di  una reale giustizia guidi la magistratura e coloro che hanno il potere di compiere la scelta migliore per la Valsusa ed il Paese.

giuliana nuvoli 

"In queste settimane avete sentito parlare di loro. Sono le persone arrestate il 9 dicembre con l’accusa, ancora da dimostrare, di aver assaltato il cantiere Tav di Chiomonte. In quell’assalto è stato danneggiato un compressore, non c’è stato un solo ferito. Ma l'accusa è di terrorismo perché in quel "contesto" e con le loro azioni presunte “avrebbero potuto” creare panico nella popolazione e un grave danno al paese. Quale? Un danno d'immagine. Ripetiamo d'immagine. L'accusa si basa sulla potenzialità di quei comportamenti ma non esistendo nel nostro ordinamento il reato di terrorismo colposo, l'imputazione è quella di terrorismo vero e volontario, quello, per intenderci, a cui la memoria di tutti corre spontanea: le stragi degli anni 70 e 80, le bombe sui treni e nelle piazze, e di recente quelle in aeroporti, metropolitane, grattacieli. Il terrorismo contro persone ignare e inconsapevoli, che uccideva, che, appunto, terrorizzava l’intera popolazione. Al contrario i nostri figli, fratelli, sorelle hanno sempre avuto rispetto della vita degli altri. Sono persone generose, hanno idee, vogliono un mondo migliore e lottano per averlo. Si sono battuti contro ogni forma di razzismo, denunciando gli orrori nei Cie, per cui oggi ci si indigna, prima ancora che li scoprissero organi di stampa e opinione pubblica. Hanno creato spazi e momenti di confronto. Hanno scelto di difendere la vita di un territorio, non di terrorizzarne la popolazione. Tutti i valsusini ve lo diranno, come stanno continuando a fare attraverso i loro siti. E' forse questa la popolazione che sarebbe terrorizzata? E può un compressore incendiato creare un grave danno al Paese?
Le persone arrestate stanno pagando lo scotto di un Paese in crisi di credibilità. Ed ecco allora che diventano all’improvviso terroristi per danno d’immagine con le stesse pene, pesantissime, di chi ha ucciso, di chi voleva uccidere. E’ un passaggio inaccettabile, in una democrazia. Se vincesse questa linea, da domani, chiunque contesterà una scelta fatta dall’alto potrebbe essere accusato delle stesse cose perché, in teoria, potrebbe mettere in cattiva luce il Paese, potrebbe essere accusato di provocare, potenzialmente, un danno d'immagine. E’ la libertà di tutti che è in pericolo. E non è una libertà da dare per scontata.    
Per il reato di terrorismo non sono previsti gli arresti domiciliari ma la detenzione in regime di alta sicurezza che comporta l'isolamento, due ore d’aria al giorno, quattro  ore di colloqui al mese. Le lettere tutte controllate, inviate alla Procura protocollate, arrivano a loro e a noi con estrema lentezza, oppure non arrivano affatto. Ora sono stati trasferiti in un altro carcere di Alta Sorveglianza, lontano dalla loro città di origine. Una distanza che li separa ancora di più dagli affetti delle loro famiglie e dei loro cari, con ulteriori incomprensibili vessazioni come la sospensione dei colloqui, il divieto di incontro tra loro e in alcuni casi l'isolamento totale, perché sono pericolosi, grazie ad un’interpretazione giudiziaria che non trova riscontro nei fatti."

Questa lettera si rivolge ai giornali, alle Tv, ai mass media, perché recuperino il loro compito di informare, perché valutino tutti gli aspetti, perché trovino il coraggio di indignarsi di fronte al paradosso di una persona che rischia una condanna durissima non per aver trucidato qualcuno ma perché, secondo l'accusa, ha danneggiato una macchina o era presente quando è stato fatto.
Agli intellettuali, perché facciano sentire la loro voce. Perché agiscano prima che il nostro Paese diventi un posto invivibile in cui chi si oppone, chi pensa che una grande opera debba servire ai cittadini e non a racimolare qualche spicciolo dall’Ue, sia considerato una ricchezza e non un terrorista.
Alla Società  intera e in particolare alle famiglie come le nostre che stanno crescendo con grande preoccupazione e fatica i propri figli in questo Paese, insegnando loro a non voltare lo sguardo, a restare vicini a chi è nel giusto e ha bisogno di noi. Grazie
 
I familiari di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò
 
 

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