giovedì 29 novembre 2012

A spese delle donne afghane

I tentativi degli statunitensi di scendere a patti con i taleban non hanno né sorpreso né sconvolto le donne afghane.
Le donne afghane non sono ingenue come le donne progressiste in giro per il mondo, oggi profondamente frustrate da questo tradimento statunitense.
Le donne progressiste avevano riposto le loro speranze negli Usa, che promisero che si sarebbero sbarazzati dei taleban. Oggi, dunque, sono molto sorprese dagli attuali sforzi fatti dall’amministrazione Usa per portare i taleban a una trattativa.
Le mie sorelle afghane non sono impressionabili. Hanno vissuto gli orrori di 30 anni di guerra civile, l’esperienza ha insegnato loro che l’imperialismo lavora solo per il suo profitto.
Nonostante i media abbiano dipinto i taleban come “anti-americani”, le donne afghane non ci hanno mai creduto. Stanno emergendo sempre più prove riguardo al tacito sostegno che gli Usa avrebbero fornito ai taleban negli anni ’90, per aiutarli a rendere stabile il loro regime.
Non è stata la totale esclusione delle donne dalla vita pubblica sotto il regime dei taleban a renderli universalmente impopolari tra le donne. Ma le donne afghane odiavano i talebani per gli insulti ricevuti in pubblico se una donna non era vestita in modo consono (cioè se portava i tacchi alti) o se rideva.
 
 Qualche mese fa, una fustigazione pubblica nella valle dello Swat ha scosso il Pakistan.
Nelle strade di Kabul, durante il regime dei taleban, questo era lo spettacolo quotidiano. Quando due coraggiose attiviste, rischiando la vita, filmarono l’esecuzione pubblica di Zarmina nello stadio di Kabul, nessun canale televisivo statunitense volle mandare in onda le immagini. Il filmato che mostrava Zarmina in burqa, accovacciata in mezzo al campo di calcio con un fucile puntato alla testa da un taleban vestito di bianco venne considerato scioccante per il pubblico statunitense.
Fu solo dopo l’11 settembre che RAWA (Revolutionary Afghan Women Association), le cui attiviste avevano filmato quell’orribile scena che mise in allarme il mondo intero sulla condizione delle donne afghane, iniziò a ricevere telefonate da parte dei responsabili di canali televisivi statunitensi. Tutti volevano mostrare l’esecuzione di Zarmina. In vista dell’invasione dell’Afghanistan il video non era più considerato scioccante per il pubblico statunitense.
Quando infine i taleban sono stati sostituiti da un regime formato da brutali, misogini e sadici signori della guerra riuniti sotto il nome di Alleanza del Nord è stato evidente che la retorica sulla liberazione delle donne afghane era solo un pretesto. 
I signori della guerra dell’Alleanza del Nord erano gli stessi che per quattro anni si erano divertiti a distruggere, prima dell’arrivo di taleban.

In confronto al regime dell’Alleanza del Nord anche le crudeltà dei taleban nei confronti delle donne erano apparse come un sollievo. Almeno, con i taleban, le donne non venivano rapite e violentate ma “soltanto” insultate, soggiogate ed escluse dalla vita pubblica.
Poi, nel periodo post taleban le donne afghane hanno sentito un certo sollievo. Ma oggi la situazione delle donne afghane non dovrebbe essere paragonata a quella dell’era taleban o a quella dei mujaheddin (1992-96), quando l’Alleanza del Nord controllava il paese. Paragoniamola al periodo 1970-80 per capire quanto le donne afghane, da allora, abbiano perso potere.

Non è un esercizio nostalgico ricordare gli anni ’70 e ’80. A quel tempo le donne afghane godevano di qualche diritto, almeno nelle grandi città; invece, purtroppo, nelle zone rurali, non ci sono mai stati cambiamenti radicali. Ma ora, dopo nove anni di occupazione americana, noi donne afghane non siamo neppure prese in considerazione. Da molto tempo siamo state escluse dai discorsi ufficiali. E più gli insorgenti taleban avanzano, meno le donne afghane vengono prese in considerazione. E non si tratta di amnesia.
Gli Usa hanno avviato, due anni fa, trattative con un famoso signore della guerra, Gulbuddin Hekmatyar. Si sono svolti degli incontri in Arabia Saudita, sotto lo sguardo dei reali sauditi. Hekmatyar ha conquistato la sua fama come leader degli studenti negli anni ’70 all’università di Kabul. Era un membro del gruppo fondamentalista Salafi ed era tristemente noto per gettare acido in faccia alle ragazze che non portavano l’hijab.
Fu nell’università di Kabul che iniziò la sua carriera di criminale, uccidendo il leader degli studenti maoisti Saidal Sukhandan. Durante la jihad contro i sovietici venne sostenuto dalla Cia, dall’Isi e dai sauditi. I suoi crimini meriterebbero un saggio a parte. Va aggiunto che dopo l’11 settembre si è alleato con i taleban.
Così, dopo aver corteggiato Hekmatyar, gli Usa hanno ci stanno provando con i taleban. Probabilmente alcuni di loro verranno pagati per deporre le armi. Altri, i più duri, rimarranno nascosti nelle grotte.
Per compiacere i disertori taleban, Karzai verrà costretto a islamizzare maggiormente il suo regime. Infatti, per fare un favore agli estremisti sciiti del suo governo, ha già legittimato ciò che è visto dai più come uno stupro in famiglia (la legge si applica solo alle donne sciite). Ora vedremo quali brutalità misogine verranno legalizzate da Karzai per compiacere taleban.

Comunque sia, l’intento di queste trattative è solo quello di stabilizzare l’occupazione Usa in Afghanistan, anche se questo significa imbarcare nuovamente i taleban. Così, le donne afghane saranno di nuovo, e ancora più di adesso, le vittime sacrificali della cosiddetta sharia che i taleban vorranno imporre. Il circolo dell’ipocrisia si chiude.
Nel 2001 gli Usa hanno occupato il nostro paese in nome delle donne afghane. Ora Washington tratta con i taleban a spese delle donne afghane.

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