sabato 21 novembre 2015

Islam e letteralismo

di Umberto Minopoli

Quello che distingue le religioni è il "letteralismo". Le religioni monoteiste sono definite, dal Corano, religioni del Libro. Perché sono le uniche che affidano ad un libro (la Bibbia, la Torah, il Corano) il racconto della religione, il culto dell'unico Dio e le prescrizioni che valgono per il credente. Ma l'Islam è l'unica delle tre religioni che fa del "letteralismo" l'interpretazione chiave ed autentica della religione.
Che cos'è il letteralismo?
Lo dice la parola stessa: la fedeltà lettarale al racconto del Libro.

Per un islamico il Profeta descrive nel Libro rivelato il modello perfetto di vita religiosa.
La storia, invece, insinua nel modello la corruzione, l'allontanamento dalla perfezione che si identifica con la vita reale del Profeta raccontata nel Corano.

Se pensiamo che la più grande guerra civile del nostro tempo è quella tra sunniti e sciiti e se pensiamo che essa si combatte non in nome di dottrine, filosofie, dogmi, doxe o principi (come fu per la Riforma luterana) ma in nome di una diversa interpretazione della discendenza familiare del Profeta, abbiamo la visione del peso del letteralismo nella religione islamica.

Il letteralismo crea introversione.
Gli scismi nell'Islam hanno sempre riguardato non il futuro della religione ma il passato.
La più importante innovazione dell'interpretazione sunnita è il salafismo. Che è l'interpretazione radicale di un Islam inteso come "ritorno" al Libro inteso non solo come letterale descrizione del modello di vita religiosa ma come descrizione letterale del modello di vita politica e civile per il corretto musulmano.
Il modello è nel Libro (di qui il termine fondamentalismo): la storia e la modernità, in quanto portano a innovazioni, contengono il corrompimento del modello. E, dunque, l'infedeltà, l'imperfezione, il male.
Il Diavolo salafita è la storia, la modernità. Che sono l'allontanamento dalla perfezione del Libro.
Solo il letteralismo, il ritorno alle formule, al racconto e alle prescrizioni "letterali" del Libro garantiscono la giustizia. Questo ritorno al Libro e alla sua lettera è Jihad: la guerra all'infedeltà. Che è la guerra alla modernità. Cioè a tutto quello che, con la storia, porta a stili di vita, idee, innovazioni che allontanano dalla lettera del Libro. Questa è l'interpretazione radicale.

Qual'è il problema?
L'Islam moderato (sunnita) ha un punto debole: non ha mai avuto una filosofia, un corpus dottrinale, un'interpretazione dell'Islam opposta al salafismo. L'islam moderato è tale per ragioni politiche e di convenienza. Si tratta di persone che stanno al governo di Stati o sono indifferenti alla religione o la praticano come puro esercizio individuale o vivono in società non islamiche. Queste persone maturano ovviamente comportamenti moderati. Ma non esiste, nell'Islam sunnita, una tradizione, una filosofia, un'interpretazione dell'Islam alternativa culturalmente al salafismo.

Per gli sciiti è lo stesso. La più grande loro rivoluzione interna è stata il ritorno al "passato" col Khomeinismo. Tutte e due le famiglie islamiche sono accumanate da un filo comune: il costante "ritorno" al passato, la lettura letteralista, guerriera e antimoderna dell'Islam come unica innovazione culturale della religione.

Non esiste, insomma, un revisionismo islamico. Quello che invece hanno sempre avuto le altre due religioni monoteiste.
Per revisionismo si intende un costante tentativo di adattamento, di adeguamento del Libro alla modernità: Lutero predicava la fedeltà alle Scritture ma aveva in testa l'uomo cristiano adatto al capitalismo nascente. Era moderno. E la storia del cristianesimo, con i concili, con le dispute filosofiche, gli scismi culturali è una continua dialettica tra il dogma e l'adattamento. Questo manca all'Islam moderato: l'abbandono del letteralismo.
Finché non nascerà un revisionismo islamico (come ha affermato il leader egiziano Al Sissi) l'interpretazione salafita e guerriera non potrà essere veramente contrastata dagli islamici moderati.

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